Alessandra Amicarelli

Il "Teatro Animato" e l'opera site-specific per la Festa-Spettacolo. 

Chi è Alessandra Amicarelli


Alessandra Amicarelli è l'artista che si è occupata della realizzazione e dell'installazione dell'opera site-specific per la Festa-Spettacolo all'interno della Chiesa di Sant'Antonio di Civitaretenga. 

Alessandra Amicarelli è una marionettista, scenografa, regista, performer e formatrice con una consolidata esperienza internazionale. Progetta e realizza personalmente tutte le sue marionette, scenografie e spettacoli.

Dopo oltre vent’anni di attività in Francia ha fondato a Milano SPAZIO LABORATORIO FONTANILI - TEATRO ANIMATO dedicato alla ricerca e alla creazione nel campo delle arti della marionetta. 

È ideatrice di ANIMATAZINE, una fanzine internazionale pluri premiata dedicata al teatro animato. È docente di animazione digitale presso ANIMATERIA con sede a Piacenza. Contribuisce attivamente allo sviluppo e alla diffusione dell’arte della marionetta a livello globale, rappresentando l’Italia come Consigliere Internazionale e membro della Commissione di UNIMA (Union Internationale de la Marionnette), la più antica istituzione teatrale del mondo e organizzazione internazionale non governativa con status consultivo presso l’UNESCO. La sua formazione include una laurea con lode in Scenografia all'Accademia di Belle Arti di Brera e un diploma con eccellenza all’École Nationale Supérieure des Arts de la Marionnette di Charleville-Mézières, istituzione di fama mondiale e centro di eccellenza unico per la formazione nell’arte della marionetta.


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La memoria, come l’ombra, ha bisogno della luce. 

Ed è bella.

Opera di Alessandra Amicarelli ispirata alla testimonianza scritta di Silvio Salvatore Sarra.

Utilizzando una piccola torcia di luce messa a disposizione, questa installazione permette di fruire delle proiezioni delle ombre delle sagome sia sul tavolo che sulle pareti e il soffitto circostanti ascoltando nel contempo la composizione sonora.

Creazione: Luglio 2024

Tecnica: Teatro d’ombra

Materiali: legno, carta, suono, luce, tempera

Il tavolo è stato realizzato dall’artigiano Gianluca Priore utilizzando legno usurato dal tempo.

Voci narranti: Giulia D’Attilio, Anna Di Francescantonio, Massimiliano D’Innocenzo, Enrico Di Luzio, Valentino Di Marzio, Valerio Durante, Maria Pozzi, Angelo Sarra, Antonio Sarra, Yeldrani Shojaee, Serena Chiaramonte, Maura Colamartini, Federico Colapicchioni, Giulia Costantini, Matteo Giansanti, Ilaria Giardini, Donatella Mannuzza, Ali Dhahir Mohsin, Giuseppe Mortelliti, Chiara Nasuti.

L’opera è di proprietà della Cooperativa Oro Rosso ed è affidata alla cura e custodia della Fondazione Silvio Salvatore Sarra.

"La testimonianza scritta di Silvio Salvatore Sarra narra degli eventi che hanno coinvolto il convento di Sant'Antonio durante la Seconda Guerra Mondiale trasformato dai tedeschi in un deposito di armi. In questo testo, la luce e il buio si alternano creando immagini contrastanti che mi sono subito apparse come dei potenziali quadri realizzabili con la tecnica del teatro d'ombre. Questa visione ha ispirato la creazione di una performance dal vivo all’interno della chiesa di Sant'Antonio durante la festa-spettacolo C.On.Ven.T.U.S. e di un'installazione successiva che contempla, nella sua fruizione, la partecipazione attiva di coloro che ad essa si accostano. Ho dunque intagliato 5 quadri di legno e cartone ciascuno di dimensioni di 60 x 60 sintetizzando gli episodi chiave della storia. Ispirandomi alle foto d’epoca originali, ho poi intagliato nel legno 21 sagome alte circa 40 centimetri raffiguranti le persone che hanno firmato la testimonianza. Una sagoma in particolare ritrae proprio Salvatore Sarra da bambino, alla stessa età circa in cui ha vissuto i fatti che racconta. L’opera nasce all’interno di un percorso di arte partecipata durato un anno curato dal TeatroVagante e che, nel luglio 2024, ha visto il suo culmine nella residenza artistica dove sono stata invitata. Un elemento fondamentale del progetto, l'aspetto sonoro, nasce proprio dal luogo e dalle persone incontrate. Ho affidato il testo a più voci coinvolgendo coloro che abitano a Civitaretenga e Navelli e un gruppo di giovani attori e attrici in residenza provenienti da tutta Italia; ho registrato poi i suoni degli arredi e degli strumenti nella chiesa, come l'organo, le campane, il battistero in bronzo e catturato i suoni dell’ambente e del cimitero adiacente la chiesa dove riposano i testimoni della vicenda. Ho utilizzato anche un brevissimo frammento della colonna sonora del film “Il sole sorge ancora” del 1946 di Aldo Vergano come sottofondo: il risultato è una composizione che accompagna e completa la narrazione". 


All'inizio del 1944 Civitaretenga fu invasa dai tedeschi che presero possesso del convento di S. Antonio, trasformandolo in deposito di mine e munizioni. In primavera, costruirono reticolati di filo spinato e fortificazioni con cannoni e mitragliatrici, e crearono anche un campo minato per difendersi dagli Alleati. A inizio giugno, si attendeva una battaglia e circolava voce che il 14 del mese la cittadinanza avrebbe dovuto evacuare, perché il paese sarebbe probabilmente stato raso al suolo. Il 6 e 7 giugno, gli Alleati bombardarono, mancando però il bersaglio. Il giorno seguente, i tedeschi presero possesso di una casa in via S. Antonio n. 13 e ne fecero un punto di avvistamento dotato di radio e telefono. La notte tra il 10 e l'11 giugno, gli avvenimenti iniziarono a cambiare. Due sentinelle tedesche di guardia al convento pieno di munizioni videro due lupi dirigersi verso di loro e spararono, ma i lupi né caddero né scapparono, continuando ad avanzare per qualche metro, poi si fermarono e tornarono indietro. Insospettito, arrivò tutto il corpo di guardia e i superiori sostituirono le due guardie con altre due. Anche queste nuove sentinelle videro la stessa scena poco dopo. La mattina seguente, zia Albarosa chiese ai tedeschi cosa fosse successo e loro raccontarono tutto. Lei disse che era opera di S. Antonio e che avrebbero dovuto abbandonare il convento. Verso le otto, tutti gli ufficiali si radunarono nella casa requisita, visibilmente tesi. Arrivò un interprete che spiegò che erano accerchiati dai partigiani e dovevano scappare entro la notte. Guardando sul monte Cupaio , si vedeva una moltitudine di persone in fila indiana stagliarsi sulla sua cresta. La notizia si diffuse in tutto il paese. Verso mezzogiorno, i tedeschi rastrellarono uomini, muli e carri, caricando tutti gli armamenti per partire verso L'Aquila con camion pieni di armi. Non riuscirono a caricare le mine che erano nel convento di S. Antonio e ci ordinarono di evacuare il paese per far esplodere il deposito. Il parroco, Don Camerino Berardinelli, e altre autorità implorarono pietà al capitano tedesco, che accettò di spostare le mine nella valle per farle esplodere lì, a patto che fossero i locali a farlo. Prima del tramonto, le campane suonarono a raccolta. In poche ore noi tutti, donne, bambini, uomini e anziani, spostammo tutte le mine sulla statale 17 svuotando il Convento. A mezzanotte dell’11 giugno, un boato terrificante illuminò a giorno l'intera Piana di Navelli. Il 12 mattina, Civitaretenga era libera dai tedeschi. Verso mezzogiorno, quattro partigiani arrivarono su una moto nemica, sorpresi che i tedeschi fossero scappati. Alla domanda su dove fossero tutti i loro compagni, risposero: "Quali compagni! Sul quel monte eravamo solo in quattro". Il 13 giugno si celebrò la messa e la processione in onore di S. Antonio. Il 14 all'alba arrivarono gli Alleati, che impiegarono un giorno per chiudere la voragine causata dalle mine, poi proseguirono verso nord. A questo punto, ognuno giudichi a suo modo. Senza questi due eventi strani (i lupi e le colonne di alberi-uomini), il Convento e Civitaretenga tutta sarebbero stati distrutti da una terribile battaglia. 

Quel giorno facemmo una grande festa proprio nel Convento: non solo eravamo salvi ma per la prima volta liberi dopo tanto buio. Riportiamo le nostre firme a testimonianza del momento da noi vissuto trascritto da Silvio Salvatore Sarra che all’epoca dei fatti aveva 9 anni. 


Early in 1944, Civitaretenga was occupied by German forces, who took over the convent of St Anthony and used it as a depot for mines and ammunition. In the spring, they erected barbed-wire fences, fortified the area with cannons and machine guns, and laid a minefield to defend against the Allied forces. By early June, a battle seemed imminent, and rumours spread that the town would be evacuated on the 14th, as it was likely to be destroyed. On June 6th and 7th, the Allied Forces bombed the area, but their attacks missed the target. The next day, the Germans seized a house at No. 13 of Via Sant’Antonio, turning it into a lookout post equipped with a radio and telephone. On the night between June 10th and 11th, the situation began to change. Two German sentries guarding the convent full of ammunitions saw two wolves approaching. They fired at the wolves, but the animals did not fall or flee. Instead, they advanced a few more metres, then stopped and retreated. This unusual event raised suspicion, prompting all the guards to investigate, and the officers replaced the sentries. However, the new sentries witnessed the same eerie scene. The following morning, Aunt Albarosa inquired about what had happened, and the soldiers recounted the events. She explained that it was St Anthony urging them to leave the convent. At about 8:00 a.m., all the officers, visibly tense, gathered in the seized house. An interpreter came and explained that they were surrounded by partisans and needed to flee by nightfall. They looked towards Mount Cupaio and could see a line of figures silhouetted along the ridge. The news spread across the town. Around noon, the Germans rounded up men, mules and carts, loading them and their weapons onto trucks bound for L’Aquila. They were unable to take the mines stored in the convent of St Anthony and ordered the townspeople to evacuate the town so they could blow up the depot. The parish priest, Don Camerino Berardinelli, and other local authorities pleaded with the German captain for mercy. He agreed to move the mines to the valley and detonate them there, but only if the locals did it. Before sunset, the bells rang out, calling everyone to gather. In just a few hours all of us—women, children, men and the elderly—worked together to move the mines to State Road 17, emptying the convent. At midnight on June 11th, a terrifying explosion lit up the entire Plain of Navelli. By the morning of June 12th, Civitaretenga was free from German occupation. Around midday, four partisans arrived on a captured enemy motorbike, surprised to find that the Germans had fled. When asked where all their fellow partisans were, they replied: “What partisans? There were only the four of us on that mountain.

“On June 13th, a mass and procession were held in honour of St Anthony. At dawn on the 14th, the Allied forces arrived, spending a day filling the crater left by the explosion before continuing their advance northward. At this point, you can form your own opinion. Without these two strange events—the wolves and the line of tree-men—the convent and the entire town of Civitaretenga would have been wiped out in a fierce battle. 

That day, we held a great celebration at the convent. Not only were we safe, for the first time in so long, we were free. Our signatures below bear witness to our experience, as recounted by Silvio Salvatore Sarra, who was nine years old at the time when the events occurred.